Intervista:

Fabio Fresi Responsabile Ufficio Tecnico HUMANITAS GRADENIGO

 

 

 

 

Come gestire al meglio gli impianti di climatizzazione in ambito COVID-19?

La gestione degli impianti di climatizzazione in ambito emergenza COVID 19 è molto complessa.
Da un lato abbiamo gli impianti di condizionamento dedicati agli ambienti ambulatoriali e degenze, o quelli destinati alla terapia intensiva o sub intensiva, o quelli dedicati ad un singolo reparto o che alimentano più reparti, a tutta aria o a ricircolo, se siano equipaggiati con variatori di velocità dei ventilatori o meno. Tutti questi fattori influenzano la scelta di gestione.
Innanzitutto è necessario identificare le aree oggetto di ricovero di pazienti infetti e valutare se gli impianti a servizio di tali aree siano o meno in grado di rendere negativa la pressione dei locali.
Le aree di degenza richiedono ricambi per 2 vol/h con una pressione positiva o neutra. Vale il principio della massima portata di mandata possibile, aumentando di conseguenza i ricambi di aria. È necessario successivamente modificare la velocità dei ventilatori di ripresa, in modo da ottenere una leggera depressione. Dovranno essere chiusi i circuiti di ricircolo aria, se presenti, e procedere con l’esercizio a tutta aria esterna. Nel caso in cui i ventilatori siano a velocità fissa, è fortemente sconsigliato agire sulla diminuzione della portata di mandata agendo sulle serrande, perché i ricambi di aria diminuirebbero.
Le aree di terapia intensiva richiedono un minimo di 6 vol/h di ricambio ed eserciscono la normale attività in pressione rispetto ai locali limitrofi e ai locali esterni. Anche in questo caso è necessario aumentare al massimo possibile la portata di mandata agendo sugli inverter e aumentare la portata di ripresa in modo da portare gli ambienti in depressione rispetto agli ambienti circostanti. Se questo non è possibile è fortemente sconsigliato l’utilizzo di tali aree. È consigliabile l’installazione di filtri assoluti sulla ripresa, e ove non sia possibile, garantire l’espulsione dell’aria ad una distanza superiore ai 10m dall’aspirazione di altri impianti per evitare corto circuiti di aria.

 

La maggiore richiesta di ossigeno che cambiamento ha portato nella gestione dell’Energia?

La gestione dell’ossigeno in tempi di emergenza COVID rappresenta una criticità cruciale nella cura del paziente.
Di norma il consumo di ossigeno per un paziente, che ne richieda la somministrazione, è dell’ordine di 5-10 litri/min di gas. I pazienti COVID positivi che vengano trattati con casco CPAP possono arrivare a richiedere anche 60 litri/min.
Un rapido calcolo dimostra che un tipico pacco bombole di ossigeno riuscirebbe ad alimentare un singolo paziente equipaggiato da casco CPAP per 30 ore.
Invece facendo alcune considerazioni sull’ossigeno liquido, nelle stesse condizioni, 5m3 di ossigeno liquido potrebbero alimentare un singolo paziente trattato con casco CPAP per circa 50 giorni
Da questo discende che è fortemente sconsigliata la gestione di pazienti COVID positivi di media/alta complessità nelle strutture che siano unicamente dotate di pacchi bombole di ossigeno, per ovvi motivi di continuità di fornitura. Per il trattamento di pazienti COVID di media o alta complessità, è necessario essere muniti di serbatoi di ossigeno liquido.
A valle di questo devono essere considerati tre fattori.
I serbatoi di ossigeno liquido devono essere dotati di evaporatori correttamente dimensionati per la richiesta della struttura ospedaliera, altrimenti le tubazioni e gli evaporati congeleranno e sarà necessario l’installazione di “docce” ad acqua, per procedere al continuo decongelamento degli apparati.
In secondo luogo normalmente le linee di distribuzione (e le stazioni di riduzione) vengono progettate per un massimo di fornitura di circa 30-35 litri/min di ossigeno in forma gassosa per ogni posto letto, da cui il dimezzamento dei posti letto alimentabili per pazienti con casco CPAP.
Infine l’aumento di somministrazione di ossigeno richiede un deciso aumento dei ricambi di aria necessari per la diluizione dell’ossigeno accumulato nella stanza. Tali ricambi sono da integrare con l’apertura periodica dei serramenti esterni della stanza, con ovvie implicazioni nella gestione energetica invernale ed estiva dei locali.

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